Gli strumenti tradizionali in Istria e la metodologia di analisi degli strumenti

Gli strumenti musicali sono utensili nel vero senso della parola. Sono stati inventati, progettati o adattati per aiutare l’uomo a creare la musica e tutti quei suoni che il corpo umano non è in grado di produrre da solo. Di per sé, gli strumenti fanno parte della cultura materiale, ma la loro funzione - creare musica - è di natura immateriale. L’etnomusicologia e la sua specifica area, etno-organologia (1), hanno significativamente ampliato la comprensione degli strumenti.

Secondo Stockmann, uno strumento musicale è un qualsiasi oggetto che produce deliberatamente suoni che per noi rappresentano musica. L'origine e l’utilizzo primario di un oggetto perdono qualsiasi significato quando con esso vengono prodotti suoni specifici, voluti e organizzati. Uno specifico strumento musicale tradizionale può diventare qualsiasi strumento sul quale i suonatori suonano in situazioni che fanno parte del contesto tradizionale, e ogni oggetto che diventa strumento grazie al utilizzo in tale contesto.

Senza dubbio, gli strumenti musicali sono oggetti complessi, sia in senso ergologico (2), tecnologico, estetico, per le loro possibilità acustiche e la tecnica di suonare, sia per la loro funzione, terminologia e significato simbolico. La prima testimonianza scritta sugli strumenti musicali istriani risale al XVII secolo, quando G. F. Tommasini descrisse il matrimonio e la danza accompagnati dal suono della piffero, violino e chitarra.

Eccetto che di quelle scritte, spesso ci si affida anche alle fonti iconografiche. Sebbene siano secondo il punto di vista etnomusicologico solo in parte attendibili, poiché sono principalmente il risultato della trasposizione di motivi preesistenti, dobbiamo comunque tener conto che questi motivi venivano spesso adattati al gusto di una particolare area. In questo senso, la rapresentazione degli strumenti dovrebbe significare una, anche minima, attinenza  con la realtà musicale istriana di un dato periodo, che poteva ipoteticamente influenzare gli artisti. 

Blocco dell piffero rinascimentale; somiglianza con il blocco della sopela.

La terza parte essenziale dello studio degli strumenti musicali è la loro terminologia. Nell’Istria meridionale prevalgono strumenti a fiato, ma è possibile supporre che in passato questo predominio era esteso anche verso il nord. In queste zone, infatti, la maggior parte dei termini popolari che indicano il suonare è legato alla logica fiatistica. Nella zona di Pinguente, il termine generico che indica il suonare è sopet (letteralmente soffiare) indifferentemente dal fatto che si tratti del clarinetto, del violino o del bassetto. Nel Buiese, in una parte del Capodistriano e sulla Cicceria è spesso usato il termine piskat, e anche se il significato letterale è – suonare uno strumento a fiato – viene applicato pure al violino, al liuto, al tamburo e alla chitarra. Lo studio dettagliato della terminologia popolare è a volte fondamentale per individuare gli strumenti. Spesso sotto un unico nome si celano diversi strumenti, o viceversa, uno strumento ha diversi nomi. Pišćala può significare clarinetto, kazoo o flauto; le roženice possono essere i pifferi (sopele), ma anche il chanter dei due tipi di cornamusa. (3) 

Nel corso del tempo, vari nomi passano da uno strumento musicale all’altro, si fondono, scompaiono e vengono creati nuovi. Questo avviene non solo tra paese e paese, ma anche all'interno di una stessa comunità, e addirittura nel caso di singoli informatori che, definiscono prima uno strumento con un nome, e successivamente affermano che lo strumento è chiamato in modo diverso. (4)

Nonostante un elevato numero di strumenti musicali conservati nella collezione del Museo etnografico dell’Istria, va osservato che in termini tipologici essi rappresentano essi rappresentano solo una piccola parte dei vari tipi individuati sul campo. Ciò è dovuto principalmente allo scarso approccio metodologico che già agli inizi della raccolta risultava superato. In assenza di etnomusicologi nativi, del patrimonio musicale istriano si sono occupati nel passato soprattutto giornalisti, insegnanti di musica ed esperti di origine extra-istriana, avversi alla comprensione della complessa realtà istriana, spesso trans-culturale, come risultato di secoli di reciproca influenza. (5)
 

Dettaglio della chiave del piffero rinascimentale.

In un tale clima venne creato uno degli errori principali, quello riguardante l'età e l'origine della sopela. Anche se già nel 1930 Božidar Širola, uno dei più importanti organologi croati, è giunto alla inconfutabile conclusione sull'origine extra-istriana dello strumento (6), la metafora poetica di Mate Balota su le sopele che "suonano da un migliaio d’anni" è diventata una prova para scientifica, una misura basilare molto elastica. Con tale metro fu facile eleggere le sopele a strumento che in Istria suona "da sempre". È quindi comprensibile che i suonatori, lusingati da tutto ciò, collegassero la sopela all’immemorabile, anche a scapito della cornamusa istriana che ha indubbiamente caratteristiche più antiche. Ma fino a tempi recenti, il mih è stato considerato troppo spesso come strumento musicale "banale", costruito di solito da parte dagli stessi musicisti e di conseguenza, al livello simbolico, privo di opportunità virtuosistiche e, soprattutto, non eccelso o festivo. (7)

Gia preoccupante il avere trascurato i strumenti semplici, come ad esempio i vari, secondo un aspetto etno-organologico estremamente interessanti flauti di canna (8), è completamente inaccettabile come i ricercatori e curatori di quei tempi ignorarono il violino e il bassetto, l' armonica diatonica, l’armonica a bocca (9) o la cindra (10). 

Nella collezione del Museo etnografico dell'Istria i più rappresentati sono gli aerofoni e specialmente i pifferi (sopele e sopile) (11), le cornamuse e i rispettivi chanter (Mih, pive, mišnice, šurle), i flauti doppi monoxili, i flauti singoli (sopelice), gli strumenti di corno e di corteccia, il clarinetto e la fisarmonica diatonica. I cordofoni sono rappresentati dal violino, il bassetto e la cindra. Gli idiofoni sono rappresentati solo dalla raganella. Tutti gli strumenti sono stati precisamente rimisurati e documentati fotograficamente, mentre le sopele sono state radiografate a raggi X.  Le nuove misurazioni hanno dimostrato che a causa di deviazioni minime nelle dimensioni, deliberate o accidentali che siano, gli strumenti dello stesso tipo sono, in un certo senso, unici. Nel caso della sopela i raggi X hanno rivelato che nella maggior parte degli strumenti la forma conica dei tubi interni è relativa, e potremmo perciò più precisamente definirla come tubo forato a gradini con bordi arrotondati.

La radiografia delle sopele dalla collezione del museo, 2012.

Pertanto, riguardo alle misure non sono elencate solo le dimensioni che in qualche misura descrivono l'aspetto dello strumento, ma abbiamo cercato di tener conto di tutti i parametri dei materiali che influenzano il risultato acustico di un particolare strumento. In questo sforzo abbiamo ottenuto, tuttavia, solo un successo parziale, perché per la maggior parte degli strumenti manca o e inutilizzabile la parte più importante - l'ancia. Ecco perché la prossima fase del piano prevede la misurazione sperimentale delle proprietà acustiche di ogni strumento.

Alla fine, la valutazione della qualità di uno strumento è possibile solo nel rispetto della memoria storica di determinate norme e meccanismi che governano all'interno di una comunità e che comunque determinano le modalità di trasmissione del sapere e la sua formalizzazione. Il successo nella costruzione di strumenti tradizionali è il risultato delle capacità di pensiero tecnico e la manualità di un particolare costruttore individualmente, ma anche nella continuazione della tradizione in termini di aspettative della comunità. I costruttori di maggior successo, alla fine, sono quelli che riescono a combinare l’aspetto formale e simbolico dello strumento con l'anticipazione e la realizzazione della sua funzionalità acustica.

Gli strumenti musicali dalla collezione museale EMI/MEI - secondo il sistema di classificazione Hornbostel–Sachs (1914.)

Note a piè di pagina:

1. Etno-organologia - la scienza che si occupa dello studio degli strumenti musicali tradizionali.

2. Nel nostro caso, il termine include il rapporto del costruttore con la costruzione di un particolare strumento.

3. Il nome della roženica utilizzato per le sopele potrebbe essere derivato dal mih (cornamusa > corno = rog = > roženice). Il nome è, infatti, diffuso solo nel sud dell'Istria, mentre altrove i flauti sono chiamati sopela o sopel. Anche la rozheniza di Valvazor, trovata nell'entroterra istriano, potrebbe essere una cornamusa.

4. “Inoltre, per le famose roženice istriane, il loro costruttore Anton Peteh sostiene che non si chiamano roženice, ma piuttosto sopele e le roženice sono ciò che alcuni chiamano šurle. Accade anche che lo stesso informatore, che nel 1957 ha detto che lo strumento è chiamato šurla, oggi dice che si chiama tutula, e che la šurla è qualcos'altro. "(Ivančan, 1960)

5. Insistendo su ogni traccia che potrebbe indicare la più antica presenza nazionale (croata o slovena) indigena possibile in quest’area, allo stesso tempo, a prescindere dalla ricca tradizione, si sminuì o omise completamente l’elemento culturale italiano anche dove era in prevalenza. Ancora oggi, a volte troviamo una divisione: la musica istriana (con la quale s’intende la musica croata) e la musica della comunità etnica italiana. Questa divisione è piuttosto tendenziosa, perché suggerisce che la musica "della comunità etnica italiana" non è istriana.

6. Se si accetta la tesi che le sopele correnti sono arrivate in Istria nel Rinascimento come pifferi, non possiamo escludere la possibilità che hanno sostituito precedenti strumenti, meno perfezionati, ma simili. Tutti gli esemplari di strumenti più vecchi nei musei istriani sono di solito relativamente recenti. Lo strumento più antico è una sopela fatta negli anni Venti del secolo scorso.

7. È proprio la cornamusa mih lo strumento che più di ogni altro rispecchia il percorso di sviluppo probabile che ha avuto il canto a due voci dagli intervalli stretti. Confrontandolo con altri strumenti simili della Croazia e della Bosnia-Erzegovina, si può notare una disposizione dei fori del tutto peculiare, probabilmente in seguito allo sviluppo della musica vocale e magari svolgendo un’influenza retroattiva su di essa.

8. Questi strumenti spesso rappresentano il sostrato più vecchio del doppio clarinetto organologicamnte più sviluppato (mišnice, šurle).

9. Di solito i più diffusi, e a volte, gli unici strumenti in una grande parte dell'Istria. Il violino e il bassetto, la fisarmonica diatonica, il clarinetto e la cindra nella collezione dell’EMI, sono stati acquistati solo nel 2000.

10. Un’eventuale conferma del possibile percorso di trasformazione del canto noto come bugarenje si può trovare nella cindra dalla Cicceria. A causa della particolare distribuzione dei tasti sul manico, disposti tra loro alla stessa distanza, gli intervalli degli stessi pezzi, suonati con diteggiature in diversa posizione, sono differenti. Ovviamente, quando si suona sulla parte inferiore del manico, gli intervalli sono più stretti rispetto a quando si suona sulla parte superiore.  La posizione bassa viene impiegata per accompagnare il bugarenje in senso stretto, mentre in posizione alta si accompagna le danze e  il kantanje.

11. Le sopele istriane da quelle dell’isola di Veglia, sia in termini geografici, che in termini organologici nonostante le similitudini, sono strumenti differenti.