Strumenti musicali tradizionali nel Museo del territorio Parentino

Lo sviluppo e l’attività del Museo parentino si suddividono in 3 periodi. Il primo periodo inizia con la nascita del Museo archeologico provinciale istriano a Parenzo, che a quel tempo era la capitale del Margraviato d’Istria ed era il centro del Parlamento provinciale. La prima collezione del museo era composta da donazioni da parte di cittadini e collezionisti e da reperti archeologici raccolti durante gli scavi in diverse località nell’area di Parenzo.

La seconda fase è collegata al periodo tra le due guerre mondiali, quando l’Istria era sotto il dominio fascista e la sede della provincia diventa Pola. In conformità allo spostamento della sede viene trasferito a Pola anche il Museo archeologico provinciale, come anche la collezione museale, e il Museo parentino riapre nel 1926 come museo cittadino d’arte e storia. Il direttore del museo in quel periodo fu Ranieri Mario Cossar, i cui studi oltre a riguardare temi storico-artistici, storici e filologici comprendono anche l’etnografia. È di notevole importanza lo studio nel quale ricostruisce il matrimonio tradizionale della fine del XIX secolo a Baderna. Le fotografie che furono scattate al tempo possono essere considerate come primo elemento etnografico del Museo parentino, visto che in quel periodo facevano già parte dell’allestimento. Non abbiamo certezze però che in questo periodo furono raccolti oggetti etnografici.

Durante la Seconda guerra mondiale parte della collezione museale, come anche della documentazione, venne distrutta e smarrita durante l’incendio. Il Museo riapre solo nel 1953 quando la carica di direttore viene assunta da Ante Šonje, storico dell’arte e archeologo. Ma ancora prima, nel 1949, nella Casa Romanica vengono esposti oggetti etnografici che rappresentavano l’inizio della sezione etnografica del Museo parentino. Il materiale fu raccolto nel 1946, assieme a vari documenti, durante l’allestimento della mostra “Testimonianze dell’Istria slava” in onore della visita della Commissione alleata che doveva decidere sull’annessione dell’Istria all’Italia o alla Jugoslavia. In questo terzo periodo di attività dell’istituzione museale parentina il rapporto verso le strutture etnografiche cambia, e ciò andò ad influire anche sulla politica del riacquisto del materiale sul campo. Il maggior numero degli oggetti che oggi compongono il reparto etnografico è stato raccolto nel periodo che va dall’inizio degli anni Sessanta ai primi anni Settanta del XX secolo. In base alla documentazione del 1987, il museo contava 902 oggetti etnografici, mentre nel frattempo, con ulteriori ricerche nel campo, donazioni e riacquisti, il numero sale a 1196.

Per quanto riguarda gli strumenti musicali tradizionali custoditi nel reparto etnografico, il numero è relativamente basso, ossia 26. Tra questi abbiamo 9 flauti doppi, 5 pive, 4 sopile (roženice), 3 mih e una mišnica, poi un flauto di canna, una fisarmonica, una cindra e una lira. In base ai dati, questi strumenti sono stati recuperati per la maggior parte nel comune di Parenzo e Canfanaro nei primi anni Sessanta del XX secolo, quando vennero effettuate grandi azioni di recupero di oggetti etnografici nell’area.

Sfortunatamente, per 9 oggetti, ossia quasi un terzo, non ci sono fonti che testimoniano l’acquisto, visto che venivano riacquistati in grandi quantità e spesso senza documentare i relativi dati. A contribuire è stato anche il fatto che in quel periodo nel museo non esistevano curatori professionali. Inoltre, nei casi in cui venne annotata la documentazione, sono state tralasciate informazioni sul luogo, data e nome del produttore. Le eccezioni sono due mih, dei quali uno è stato prodotto interamente da Gašpar Laković (famoso musicista e produttore di strumenti musicali tradizionali, 1884-1970), probabilmente solo per le necessità del museo, dato che è evidente che non sia stato mai usato. Il secondo mih, invece, è stato prodotto solo in parte da Laković, ossia le parti in legno sono le mišnice acquistate a Mrgani mentre Laković ha realizzato il resto dello strumento, cioè la parte in pelle.

Tra gli oggetti più interessanti della collezione si trovano due strumenti a corda, detti cindra, che in base all’iscrizione sul retro proviene da Bresta sotto Monte Maggiore e risale al 1870; mentre per la lira, anche se non esistono dati inerenti la sua provenienza, si può supporre che non provenga dall’Istria ma dalla Dalmazia.

Vltava Muk, curatrice del Museo del territorio Parentino
www.muzejporec.hr